In Bologna presso Gli Heredi di Giovanni Rossi 1600 In-8° (196 x 145 mm.), pp. 112, titolo racchiuso in duplice cornice, testo racchiuso in cornice xilografica lineare, incisione nel testo di Rinoceronte e una grande tavola ripiegata f.t. con parti mobili che permettono un ruolo attivo al lettore - spettatore permettendo di cambiare la scenografia al centro della montagna con tre diversi scenari, cartonatura alla bodoniana. Frontespizio con lieve mancanza ma ricostruita in prossimità della cornice lineare, ricostruzione dell'angolo esterno inferiore con interessamento di alcune lettere dei dati tipografici che risultano essere ricostruiti manualmente. Per il resto buon esemplare privo di bruniture. Raro e interessante testo sulla relazione del torneo tenuto in onore del passaggio di Margherita Aldobrandina, sposa al Duca Ranuccio Farnese di Parma e Piacenza. Nel giugno 1600 l'organizzazione e direzione della solenne festa venne affidata all'Accademia dei Gelati che ebbe l'occasione di esibirsi in una spettacolare opera - torneo. Oltre alla descrizione della prassi organizzativa che ci da impoortanti informazioni sui tipi di combattimento, sull'inventore del campo e delle macchine vi è la parte recitata del poeta con l'accompagnamento musicale. La trama allegorico drammatica attribuita a Melchiorre Zoppio racconta che '... Circe, seguace di Venere,..., ha trasformato Pico, re di Laurento, in un usignolo poi di nuovo in essere umano privo però di ogni volontà e costretto a vivere succube nella Reggia. Ma Apollo ha vaticinato che - sia di Circe il potere distrutto quando sposino tanti gigli e tante stelle (cit. pp. 15)- allusione agli emblemi dei Farnese e degli Aldobrandini. I cavalieri bolognesi combatteranno quindi per liberare Pico, prigioniero della grotta di Circe che sprigionerà sempre nuovi incantesimi e sortilegi finchè, sconfitto un terribile monoceronte, tra fragore di girandole pirotecniche si dissolverà come per incanto lasciando apparire la città di Parma (omaggio all'amore maritale e principesco)'. L'incisione con foro centrale che permette il cambio di tre diversi scenari ci restituisce l'aspetto della macchina principale costituita dalla grande montagna di Circe con la reggia al sommo e una spelonca al centro per il mutamento delle immagini. La montagna larga 70 piedi ( 26,60 metri) e alta 45 (17, 10 m) s'innalzava sul lato nord della piazza della Fontana e presentava nel mezzo una caverna di 36 per 36 piedi (13,68 m). Di fronte si sviluppava l'arena lunga 105 piedi (circa 40 metri) cinta per tre lati da palchi fatti a scaglioni. ll testo riporta il nome del bolognese Gugliemo Fava quale inventore 'del campo e delle macchine' e che si avvalse della collaborazione dell'accademico Incolto, Vincenzo Fabretti. Deanna Lenzi, "Teatri ed anfiteatri a Bologna nei secoli XVI e XVII", in Barocco Romano e Barocco Italiano: Il teatro, l'effimero, l'allegoria, Roma, 1985, pp. 180-181. Cicognara 1407; Watanabe, 718 .